domenica 23 dicembre 2012

Odi et amo



Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.


Nessuno al mondo mi ha mai amata senza odiarmi un po'.
Anche l'amore, quello grande, quello da romanzo quotidiano, quello da "non ci credo che è così perfetto" alla fine mi ama ancora, coltivando lo stesso un po' d'odio.
È tanto vero che a volte mi piacerebbe essere quel tipo di persona che ispira solo cose belle.
Delicatezza, gentilezza, solo innocenza e nessun segreto.
Non che non sia anche questo ma c'è così tant'altro e così meno che è difficile stare accanto a me su di uno stesso gradino di affetto.
È un vortice.
Coi tempi quieti delle tempeste.
La banalità la adoro ma mi stanca.
La stravaganza mi eccita e mi annoia.
E sono sempre troppo poche le persone con cui riesco a passare insieme un giorno intero
e alla fine sentir di voler dire "ancora"

Una partita a scacchi, dopo cena, un duello continuo.
Ritmo serrato e tempi infiniti.
Adrenalina e tedio.

Aura mediocritas un cazzo.

Ὲρέω τε δηὖτε κοὐκ ἐρέω,
καὶ μαίνομαι κοὐ μαίνομαι.

domenica 9 dicembre 2012

Ritenta, sarai più fortunata

Il primo ragù che ho fatto è venuto buono.
Il secondo però era dieci volte tanto.
Sbagliando si impara.

Ti è mai capitato di amare qualcuno da piangere?
Cioè che se pensi che stai insieme a questa persona ti senti fortunatissimo e immeritevole perché questa persona è bellissima e ti rende felice, ti fa sentire così speciale che non esiste paragone ed è come il regalo che desideravi ma non avevi il coraggio di chiedere?

Col tempo questa sensazione, per me è cambiata.
È passata da "ti amo da piangere" a "mi viene da piangere perché ti amo" .
Che descrive il momento nel quale non ti capaciti di amare una persona capace di (elenco personalizzato) e dunque di star male per fraintendimenti o dispetti.

Io ho amato una volta sola, e se in certi momenti mi dico che avrei fatto meglio a sbattere contro una trave piuttosto che uscirci insieme o cadere in un burrone prima di dargli un bacio, in fin dei conti non sono tanto pentita.

Provo una certa tenerezza nel rivedermi piccola nei ricordi con B.
Ed anche, col senno di poi, quante cose potevano andare solo come sono andate, nonostante sentissi su di me chissà quali responsabilità.

Tanti drammi interiori li avrei evitati se mi fossi accorta prima che era tutto un 50 e 50, e che come non ho il potere di cambiare una persona, non ho il potere di farlo agire pessimamente contro di me (B era molto persuasivo, ed io, col fatto che mi piaceva da morire ascoltare le cose che mi raccontava sulla matematica, sulla fisica, sulla meccanica, ero portata a prendere tutto in considerazione, anche le cazzate... ma l'ho detto che ero piccola)

Forse era piccolo anche lui e non ci siamo semplicemente capiti.
Non ne so parlare con chiarezza perché tra noi non è mai riuscita a resistere questa chiarezza.

Per anni non ho avuto niente a che fare con l'orgoglio, credevo fermamente che si trattasse di un ostacolo ad un rapporto sereno, ed ho sofferto come un cane.
Poi mi sono sforzata di convincermi che se ad una persona importa di te cerca di capirti e all'idea di farti piangere starebbe male e telefonerebbe e farebbe di tutto pur di chiarire.
E sono rimasta sola
ed ho sofferto come un cane.
Ma meno.

Dico sempre che ho un carattere difficile.
Ed è vero ma fino ad un certo punto.
Ho reazioni molto forti, forti quanto, talvolta, la mia indifferenza.
Pretendo molto da pochissime persone che sono le uniche per le quali mi smuovo.
Del resto non me ne importa molto.
Ci sono delle sciocchezze che ritengo importantissime e tendo a non dirlo.
E quando una persona non lo capisce sto malissimo.
Ma quando lo capisce sono la ragazza più felice al mondo.

B ed io abbiamo sempre litigato molto e questo perché non sono mai riuscita a spiegarmi.
Buffo.
Avrei voluto potergli dire cosa mi faceva rimanere male, senza scatenare la sua arrabbiatura, avrei voluto che i motivi per i quali ci facevamo orribilmente soffrire a vicenda fossero stati argomenti importanti di cui parlare, da risolvere insieme perché ci volevamo bene.
A volte è stato davvero così, ed era così convincente che credevo potesse esserlo sempre.
Ma questo succede solo nelle sitcom.

Poi mettiamoci la sua capacità di rinfacciare ogni cosa dall'alba dei tempi, anche totalmente fuori contesto, la sua attitudine al volgare, la sua capacità di innervosirmi facendo muro, non fare mai squadra con me, alimentare costantemente, negando sempre, la competizione, le mie insicurezze e, fondamentalmente, sentirsi sempre in diritto di dirmi o fare qualunque cosa, senza mai scusarsi, perché, non facendo ingegneria, avevo torto.
(ovviamente scherzo, non è solo per ingegneria)
E poi io che quando sento qualcosa che non torna insisto, la mia gelosia in totale contraddizione al mio egocentrismo, il mio istinto all'abbocco, il peso che do ai gesti, il peso che do alle parole, il peso che do alle scelte e all'essere scelta.

Insomma, presi singolarmente magari siamo anche belle persone, io per lo meno sì.
Ma con lui ho insistito tanto, troppo forse e per cosa? Per vedere un gesto palese, per sentirmi davvero la più importante, certo la sua inacidita bestfriendforever sempre attaccata al culo e la sua ex complessata della quale lui si prendeva sempre così teneramente cura magari hanno influito un po' sul mio selfcontrol ma non per ciò di cui lui era convinto.
Queste due giovani a me non piacevano esteticamente, non mi sono mai sentita in competizione fisica o estetica, quello che non capivo era il suo atteggiamento protettivo, comprensivo, denso di stima e complicità con ragazze di cui non era innamorato, mentre ogni cosa con me è sempre stata una guerra.

Niente, complici gli addobbi di natale e quei terribili discorsi che gli amici comuni si lasciano scappare, mi era presa un po' di nostalgia per un amore che, bello come me lo ricordo, mi sa che l'ho solo immaginato.

Sbagliando si impara.
Ho imparato a fare il ragù, ho preso la mia strada, ho ripreso a fumare e, fondamentalmente ho imparato a farmi i cazzi miei, con tutto l'amore del mondo.
Ritenterò.
Il mio prossimo amore sarà più fortunato.


sabato 8 dicembre 2012

4 Tipi di persona dicono sempre la verità.

Ho un carattere complesso.
Ho reazioni potenti.
Mi entusiasmo con sincerità e mi sento delusa per cause di pari semplicità.
È tutto veramente semplice.
Ma ci vuole pazienza.

Ho diversi difetti.
Li detesto tutti, anche se in modo differenti.
Ci sono quei difetti che mi infastidiscono, come la pigrizia estrema.
E poi ci sono quei difetti che odio perché mi fanno sentire stupida, come la capacità di sentirmi sempre addosso questa nostalgia, questo motivo sempre verde per sentirmi in colpa, per tornare sui miei passi quando proprio non dovrei oppure che mi spinge riavvicinarmi perché se una persona a cui vuoi bene non è morta allora non è giusto che ti manchi perché qualcosa puoi sempre farlo.
Così mi dico che alla fine non mi servono le  scuse, posso farne a meno, anche se le meriterei c'è qualcosa che vale di più, e che magari certe cose che sono state dette non erano vere, erano più frutto di un mix mal dosato tra rabbia e tequila.
E qui precipito nella contraddizione, perché lo sanno tutti che al mondo ci sono solo quattro tipi di persone che dicono sempre il vero e sono:

I bambini

Gli arrabbiati

Gli ubriachi

E Piero Angela.

E se scrivessi a Piero mi risponderebbe "stai nel tuo".

Facciamo che baciarci sia come sentire Hendrix dal vivo.

Facciamo un gioco?
Facciamo finta che io non sia distrutto dalla vita, facciamo finta che le tue cicatrici siano disegni.
Facciamo finta che ci sia ancora tutto da scoprire e facciamo finta che sentiamo di poter essere felici.

Intanto stiamo qui.
Fuori dal mondo.
Fuori dal tempo.
In primavera, sotto un lenzuolo fuori del quale, già cadono le foglie.

Facciamo un gioco?
Facciamo finta che per me tu sia la più bella del mondo anche se ti senti brutta e facciamo finta che io sia il tuo eroe, anche se a volte perdo.
Facciamo finta che baciarci sia come poter sentire Jimi Hendrix dal vivo.
Hai freddo? Vieni più vicina.
Senti, facciamo un gioco?
Facciamo che facciamo per davvero?

venerdì 7 dicembre 2012

Parà

Mi vesto in fretta e a quel punto arrivi tu.
Mi guardi come sempre.
Mi metti una mano sul petto e mi dici "respira, sono qui, siamo qui, comunque vada" "insieme" tu dici, io penso.
Ho il nodo alla gola, l'adrenalina in circolo.
Ho paura e non vedo l'ora.

Il rumore delle eliche è sempre lo stesso. Sa sempre di ignoto.
Prende il volo.
Guadagna altezza.
Quel vuoto nello stomaco.
Guardo giù.
Rivedo la prima volta che l'ho fatto, la seconda, la millesima.
Poi te.
Mi stringi.
Saltiamo giù.



Insieme



Penso solo questo.
Che alla fine il salto nel vuoto lo fai solo con me.
Ogni volta.
Già.
Da sempre.
E non conta altro.
E non conta altra.
Contiamo tu ed io.
Tu.
Tu che con me, sei più vero che con qualunque dei tuoi errori.
Io.


Insieme.


Mi ami.
Ogni volta più di sempre.
Vero?
Vero.
Sei pronto?
Tre.
Lascio la mano.
Due.
Tiro la corda.
C'è un problema?
Non si apre?
Quello di riserva?
Nemmeno?
Uno.
Sei già lontano


Insieme.


Non stavolta.

mercoledì 5 dicembre 2012

Per Dio

Caro Dio,
qui continuano a dire che siete tre, io non ne sono molto convinta, Gesù è troppo fico per parlargli sinceramente di me e lo Spirito Santo non ho ancora capito bene cos'è e a dirla tutta, mi sentivo stupida a scrivere a Babbo Natale perché sicuramente in questo perioda ha da far ben altro che star dietro ai miei discorsi.
Volevo dirti intanto "Grazie".
Ecco, appunto, grazie.
Grazie per una serie di cose eh, tipo grazie per tutte le volte che mi prende male e poi mi accorgo che la bellezza della vita è un po' ovunque, grazie per le occasioni ricevute quando sapevo di non meritarle ed anche per quelle non date quando invece credevo mi fossero dovute perché mi hanno dato la misura delle cose, grazie per dare tanta pazienza alle persone che mi vogliono bene, grazie per quella volta che mia mamma mi regalò quel libro e non una barbie, anche se lì per lì non ero tanto contenta, ecco grazie per tutte le volte che mi lamento e poi mi rendo conto che è successa la cosa che serviva, e che se anche non è così, non cambia niente, grazie per le cose inaspettate che mi fanno riflettere, grazie per avermi fatta capitare in una famiglia tanto banale quanto assurda, grazie per le ricette della nonna, a tal proposito, grazie per non farmi ingrassare quanto dovrei, grazie. Un po' per tutto.
Mi conosci, faccio questi discorsi per due motivi, perché sono felice o perché sono triste.
Quindi non c'è bisogno che aggiunga molto altro, sai cosa, al solito, chiedo.
Anche se non ti chiamo spesso, mi ricordo di te.
E ti voglio bene, sì, anche quando non ci capiamo.
Buon Natale, nel senso commerciale.

Sì stavo per scrivere "addio".
Non ridere.

lunedì 3 dicembre 2012

La ragazza ed il pittore.

Allora, loro due sono in macchina.
Lui guida.
È pomeriggio, è quasi estate e c'è la luce di quel sole che comincia a scaldare la pelle.
Passano per una strada sterrata tra colline e boschi radi. Ogni tanto lui si volta e la guarda e la vede bella, lei è bella, certo, è bellissima ma anche triste.
Ci sono quelle persone che tu vedi belle di quella bellezza imperfetta, un po' languida, con quella vena di malinconia in fondo a gl'occhi, con quei silenzi presi e messi lì, mentre tutto il resto ride e così via...hai presente? Ecco lei è così e tiene la testa inclinata verso il finestrino, come per seguire meglio un pensiero ed è felice, sì felice e triste, come un ricordo.
"Guardi fuori?"  gli dice lui e sorride.
"Sì, hai visto, c'è un gatto sul ciglio della strada"
"Che dici?" risponde serio
Lei ride, gli tira un colpo su una spalla e gli dice che è un cretino, dopo un po' ride anche lui.
Ah già, lei recesnisce di libri, lui è un pittore ma da quando sta con lei fa anche lo scultore, perché lei è bella, bellissima e cieca.
E la loro è una storia d'amore piena di cose che si vedono, che si leggono ma anche che si sentono. Un amore fatto con le mani e un po' di parole, un amore al dettaglio.
C'è lei che il venerdì mattina in radio, parla di libri nuovi e vecchi, di situazioni scomode come marciapiedi sconosciuti e di quanto le tremi il cuore a passare le dita sulle pennellate spesse di tempera oleosa che lui lascia sulle tele.
C'è lui che da quando sta con lei vede più affondo, si accorge di equilibri piccoli e perfetti e cerca sempre, ancora più di prima.
Qui in questa scena si capisce poco magari, si vede solo che ridono, che si vogliono bene e che sotto il sole di metà maggio, un vecchio maggiolino, due valigie, tele e cavalletto sono una promessa, seppur esile, di felicità.
Vabbè poi la storia si svolge al casale ma quello che mi interessava è che tu che disegni, renda l'idea di un mondo
che non si vede.

domenica 2 dicembre 2012

La filosofia del Pigiama

Ci sono giorni, come oggi, nei quali nemmeno mi viene in mente l'idea di togliermi il pigiama.
Perché sono pigra da morire potrebbe essere un'ottima risposta, ma sotto sotto, sotto il pile, sotto il piumone, sotto il plaid più caldo e confortevole della mia personalità c'è dell'altro.
Se uscissi di casa in pigiama sarebbe tutto più semplice. Comincio a capire questa tipologia di senzatetto... se mi vedete per strada, di fronte ad un bidone fiammeggiante, coi guanti coi buchi per le dita e i pantaloni rosa della carica dei 101, non preoccupatevi, è solo la mia indagine sociopsicologica in corso.

Il pigiama è l'espressione più vera e trita di una persona.
Perché nudi è facile distrarsi, col pigiama che hai ancora addosso alle tre del pomeriggio di una domenica piovosa, quint'essenza della morte nel cuore, no.
Sei come sei, quindi sì probabilmente fai schifo.
Sono giorni un po' tristi e per non affondare il cucchiaio da minestra nella nutella, rifletto sulla superficialità, sulla banalità, sulla profonda pesantezza estetica dell'essere umano, da domani mi drogo.
Nel trionfo dell'ovvio, so che l'uomo della mia vita mi incontrerà in pigiama, coi capelli esplosi, senza trucco e con la mia tazza filosofica in mano. Senza filtri, senza camicette trasparenti, pantaloni aderentissimi o scarpe alte all'ultimo grido.
Ecco, mi incontrerà così.
E mi dirà:

"Donnadellamiavita, faccio finta di non aver visto niente, ripasso stasera alle otto."



sabato 1 dicembre 2012

After Party

Chiudo la porta, mi spoglio, mi strucco, infilo il pigiama, prendo il cane, il gatto, spengo la luce e dormo.
La mattina dopo mi alzo, faccio poca colazione perché ho bevuto un bicchiere di rosé di troppo, o forse due e poi chiamo l'amica che mi ha scritto l'immancabile messaggino di check.

"com'è andata la serata?"

Il che significa fondamentalmente se ho visto qualcuno che mi piaceva e cos'è successo.

"Allora!!! Dimmi tutto! T U T T O . " fa lei con un entusiasmo non consono all'ora presta.

"mah, insomma, bella la festa"

"e chi c'era? lui c'era?"

Ti è mai capitato che ti piacesse qualcuno, che ti piacesse tantissimo senza nemmeno conoscerlo troppo, come a quindici anni, che ti prendi infinite sbandate per chi ti ha appena detto solo un ciao? Ti è mai capitato che ti acceleri il battito cardiaco all'impazzata nel momento il cui lo senti parlare, o peggio, lo vedi? Ti è mai capitato di sentire il nodo alla gola e il morso allo stomaco se ti saluta  e di avere mille cose bellissime che vorresti raccontargli come del concerto strasuggestivo di Einaudi o dell'ultimo libro che ti è piaciuto o anche, più scioccamente, di quale telefilm in streaming ti stai drogando in questo periodo e non riuscire a spiccicare due parole in fila? Ti è mai capitato di evitare chi ti fa tremare le ginocchia perché non vuoi che veda che arrossisci? Ti è mai capitato di dimenticarti come si fanno cose normali come respirare, camminare, sorridere o parlare una lingua conosciuta solo perché siete nella stessa stanza? Ti è mai capitato di comportarti completamente nel modo opposto a quello che vorresti e tornare a casa e sentirti cretina? Ti è mai capitato di avere quindici anni quando non ce li hai più da un pezzo e non volerlo proprio ammettere?

"no... non c'era."



martedì 27 novembre 2012

L'amore ai tempi di Android


































Sta tutto chiuso lì.
In un miracolo di tecnica e concetto.
Un centinaio di grammi fragili e complessi.
Un amore odio costante e morboso.
Un bisogno. Inventato.
Lo dimentico.
Spesso.
Eppure la sera, quando vado a letto, diventa scrigno di pensieri inespressi, desideri percepiti e non formulati, diventa il nesso tra i sogni fatti anche prima di dormire e la vita vera, a forma di vita.
Una scatola porta svolte, con un tasto.
È tutto lì, nel messaggio che vorrei aspettare di leggere, nel momento in cui mi sveglio per il suono acuto e che mi accorgo che mi ha balenato il cuore per un'info della Tim.
È tutto lì, nel gesto e nel luogo, nel tenerlo acceso la notte, accanto al letto, sul comodino o anche proprio in mano, stretto come si stringe un sogno.
È il "potrebbe" che ti inchioda.
Il salva in bozze, la maledizione.
L'attesa di un indefinito e preciso qualcosa che cambierebbe tutto.
Potrei scriverti io.
Vorrei mi scrivessi tu.
Dovrei spegnere e dormire.
Ti penso sempre.
Me lo dimentico spesso.

Cazzo la batteria.




giovedì 15 novembre 2012

Notizie dal fronte

Ho aperto un altro blog, uno serio, senza racconti, senza siparietti, con autobio tendente a zero.
Un esperimento per vedere che effetto faccia una piattaforma "professionale" seppure ad uso personale.
Mh.
Ho riscontrato subito dei problemi che sono i seguenti:
1) aggeggiare (noto termine tecnico specificatamente in ambito informatico) su wordpress è la seconda più diffusa origine di emicranie dopo le fidanzate ufficiali.

2) sono così assorbita dalle esercitazioni che devo portare a compimento da non riuscire a mantenere una sintassi accettabile per più di sette righe.

avere fatica sonno dormire anche, io. )3


Ergo procrastinerò, almeno finché non mi sarò abituata a questo ritmo nuovo.

Questa settimana ho capito che aver letto topolino da piccola è stato utile per storia ma lesivo per fisica perché per me Archimede è Pitagorico e ha sembianze paperiformi.
I caratteri tipografici possono essere freddi e passionali.
Se mangi il dolcino al miele poi ti ritrovi il miele in ogni dove.
L'amore per gli amici è bello come la neve per Natale, ammesso che ti ricordi di avere degl'amici tra un kirigami e l'altro.
E  "sei la mia più bella domanda senza risposta" è la frase più bella (e sì ruffiana forse ma comunque bella) che mi abbiano mai detto.



sabato 10 novembre 2012

Buon Compleanno

"che nome complicato signorina"
"che vuol che le dica, un nome semplice non sta bene ad una persona che semplice non è."
"lo prenderebbe un caffè con me?"
"non penso proprio, è già tanto che abbia ignorato l'accordo tra lei e la mia amica, di modo che lei oggi abbia saputo esattamente a quale ora e dove aspettarmi."
"ma cosa sta insi.."
"oh lasci stare, vi ho visti parlare lo scorso giovedì e poi Flora non è certo abile nel mantenere quel certo tipo di confidenza... anzi, a dire il vero, nessun genere di confidenza."
"allora mi faccia rimediare, si faccia offrire questo caffè"
"mi piacerebbe ma è arrivata la corriera, arrivederci singnor?"
"Franco, mi chiami Franco, ma ha detto che le piacerebbe? Le piacerebbe davvero?"
Le porte della corriera si chiusero, lei prese posto vicino al finestrino, si accomodò il cappello e lanciò un'occhiata nascosta dai boccoli bruni al ragazzo ancora lì alla fermata.

La corriera partì.
Il resto complicato e strano come i loro nomi scritti per intero.

Poi lei rimase sola, col peso di un vuoto lungo una vita.

Ogni giorno è ricordo
ogni giorno è memoria.
Ogni giorno è un giorno in più che c'è
e un in più che manca.
Eppure lei è sempre lì.
Con gli occhi grandi e scuri, i boccoli un po' più crespi, un po' più bianchi.
Sempre lì con una parola dolce ed un appunto burbero.
Sempre lì che in realtà è qui.
Qui che ogni pranzo è l'occasione per gli aneddoti dei tempi di guerra,
che ogni viso triste per il mal d'amore lei sa che vuol dire e ti sa spiegare.
Qui pronta a recensire i miei disegni, i miei racconti, il test che se non li capisce va rifatto tutto.
La donna che mi tiene stretta sempre e riempie casa con l'odore di vaniglia.
La nonna che ha creduto in me in momenti in cui nessuno mai, nemmeno io, su me avrei scommesso niente.

Ottantanove anni a testa alta, umile e orgogliosa, al posto di comando di una famiglia storta e un po' ammaccata ma sempre unita fino in fondo, che suona bene e fa anche un po' paura.

Buon Compleanno Nonna.
Sono contenta che tu sia una donna d'altri tempi e che mi abbia insegnato tutto ciò che so di uomini e cucina, sono contenta che tu abbia gusti d'altri tempi che piacciano anche a me che in questi tempi sto ma che alla fine non mi piacciono poi tanto. Sono contenta tu sia una donna d'altri tempi e che tu abbia passato intere ore a raccontarmi un mondo in cui si faceva in bicicletta una città per dirsi "ciao" e "ti voglio bene". Sono contenta che tu venga da quel tempo in cui insegnavano ad aspettare, in cui tutto aveva un proprio tempo, come il ciambellone, che non puoi inventarti quante uova servono o per quanto deve stare in forno perché poi sennò è tutto da buttare.
Ti amo tanto.

e sono anche contenta che tu mi abbia chiesto cos'è facebook e dove sta, ed anche la email, il cui concetto t'è piaciuto tanto. Col cordless ormai ho perso le speranze ma magari prima o poi dirai anche "scottex"
















mercoledì 7 novembre 2012

L'ultima notte al mondo

Ogni tanto mi capita di pensare ad amene assurdità:
cosa farei se fossi una rockstar, se vincessi l'enalotto, se potessi leggere nel pensiero, se i Maya avessero ragione...
Se i Maya avessero ragione.
Se il mondo finisse sul serio, se ci credessi davvero, penso non cambierebbe niente.
Penso che mi piacerebbe lo stesso imparare a fare le curve precise su illustrator, mi piacerebbe lo stesso finire i progetti complessi che ho in corso, mi piacerebbe lo stesso guardare le tele bianche intatte e immaginare cosa ci dipingerò quando avrò imparato a dipingere, e poi, fondamentalmente, la cosa che ci terrei più a fare sarebbe correre da te, rallentando prima di girare l'angolo, ti arriverei di fronte e tu penseresti che non ha senso che sia lì, che nemmeno ci pensavi e nel mentre ti stupisci della mia presenza ti darei il bacio che ti volevo dare l'ultima volta. Dalla prima volta.

"Sei la fine del mondo."

sabato 3 novembre 2012

Breve presa di coscienza

Ci sono eventi che ricavano il proprio valore grazie alla loro speciale unicità:
il natale,
il compleanno,
una mattina in cui non ti odio.

domenica 21 ottobre 2012

Dunque sono un' Isiota


Settimana ipertesa nei primi giorni, più distesa nel fine settimana.
Domenica lenta e dolorosa.
Nonché noiosa.
Odiosa.
Ansiosa.
Solita.

Il resoconto di questa settimana di lezioni era pieno di entusiasmo finché non mi sono approcciata ai compiti per casa. Ma non siamo ancora a niente.

Ad ogni modo è tutto molto.
Bello.
Difficile.
Intenso.
Duro.
Adulto.
Responsabile.
Creativo.
Regolamentato.
Sregolato.
Nonstoparlandodiunamplessoamoroso.
Ma quasi.

Questo è il mio primo tentativo di Kirigami.
Era bellino, poi l'ho portato a far vedere alla mia nonna ed anche lei l'ha trovato grazioso.
Poi è rimasto sul tavolo e lei per sbaglio l'ha messo in frigo quindi si è tutto inumidito e alla fine è morto.



sabato 13 ottobre 2012

Promemoria per le persone importanti

Credo che sia importante ricordare alle persone che abbiamo attorno, che valore abbiano per noi.
Non importa come, una parola, un gesto, un messaggio su un post-it.
Così, senza un apparente motivo, se non quello di tener vivo il senso di un legame.

Personalmente, scelgo piccoli oggetti simbolici:
un fiore di stagione, una matita, una frase di una poesia.
Piccole cose da tenere in borsa, nel portafogli, nell'agenda e che ricordino un messaggio, un pensiero.

Un dildo spinato, in questo caso, da tenere proprio dove immagini.

venerdì 12 ottobre 2012

Track 03

Ecco e poi te ne vieni fuori con una canzone così.
Sai è stata una giornata difficile, una settimana difficile, una vita. Difficile.
Non sono adatto a certi ritmi.
Sono stanco. Un po'.
Sì lo so, "un po'" è come "abbastanza"... fa schifo.
È che ancora non ho capito bene cosa siamo, cosa sei.
Se sei il colpo di fortuna o l'emblema del mio rincoglionimento.
Forse entrambe le cose. Al solito.
Ecco poi sorridi così e non me ne frega niente della risposta, perché la so.
Sei un Single Malt.
Ti fa schifo? È normale, sei ancora nel tempo della rossa alla spina.
Io? Io pure ma so apprezzare anche il resto... però non so se mi piace davvero il whisky, era più una metafora, un concetto...
Usciamo stasera, conosco un posto.
Ma vieni vestita così?
No, sei bellissima, mi è venuta una sincope, tutto qui...
Ti ricordi la prima volta che siamo usciti? Avevi i capelli così.
Non che di solito ci faccia caso ma ricordo che ti guardavo un punto nei capelli per non dare troppo l'impressione di fissarti, che idiota, e tu che mi guardavi e dicevi "sì lo so, sono spettinata ma non ho avuto tempo"... no non volevo dire questo, stai benissimo... volevo dire che ti ho sempre visto bella.
Bellissima.

E sì, baci bene, molto.

Ma lo spegniamo questo stereo? Che quando è uscita questa canzone io c'ero, avevo la cassetta.
Pardon, I pod.


sabato 6 ottobre 2012

Tutorial di sopravvivenza per Lui: Come evitare che Lei si arrabbi in 3 mosse

Oggi girellavo in cerca di una meta, in cerca di ispirazione, sono entrata in un negozio del centro, uno dei soliti, uno di quelli in cui i vestiti sono fatti per stare sui manichini, non sulle persone, ma alla fine ai manichini stanno benissimo e l'insalata fa bene a tutti, se non ci sono le zucchine ovviamente.
Insomma mentre osservavo adorante l'ennesimo golfino grigio che avrei acquistato poco dopo, una giovane coppia festeggiava i propri cinque mesi di relazione con una giornata di shopping e litigio.

Lei teneva in mano dei jeans microscopici e gli diceva che non era possibile che in cinque mesi lui con i propri amici facesse l'alba e con lei le serate finissero a mezzanotte sul divano.
Lui replicava attaccando la frivolezza delle richieste di lei argomentando che una cena fuori non fosse nemmeno lontanamente paragonabile al romanticismo che lui le dimostrasse addormentandosi cingendola, sul divano di cui sopra.

Io li ascoltavo come fanno le vecchie del clan della vena varicosa, sì le anziane di paese abilissime nel fingere di fare qualunque cosa mentre carpiscono informazioni da riferire, in via del tutto confidenziale, alle altre allegre comari.
E la cosa mi faceva ridere, non la parte della vecchia tra i golfini grigi, mi faceva ridere che quel tipo di bisticcio l'avessi fatto anche io mille volte, senza trovarne mai la soluzione, finché serviva.

Una caratteristica che ho riscontrato grazie al mio spionaggio da comare, è che la gran parte delle ragazze tenda a legittimare qualunque, seppur irragionevole, proprio desiderio o apparentemente fondamentale necessità senza lasciare al partner il tempo necessario per reperire una risposta adeguata che possa soddisfare ogni possibile sfumatura emotiva della richiesta della propria dolce metà.
Ma non è soltanto una questione di tempo, perché seppur minima, una percentuale di fidanzati particolarmente acuti e scaltri riuscirebbe a trovare le parole giuste in quei tredici secondi in cui lei passa da dolce-principessa a erinni imbufalita; approssimando una stima: lo 0.8% riuscirebbe ad evitare il linciaggio (dati approssimati per eccesso).
La soluzione del problema è, in realtà, già in possesso del partner coi secondi contati.
Tutto sta nella comunicazione indiretta, strategia parzialmente involontaria tipica della maggior parte delle donne prese in esame.
Appare semplice ma, ovviamente, la faccenda è un po' più complessa.
Se la domanda che sorge spontanea è "perché non parlare chiaro subito?" già la partenza è errata.
Limitiamoci per ora ad analizzare i fatti, per l'origine del mito c'è tutto il tempo.
Per la gran parte delle donne, tutto ciò che riguarda l'esigenza emotivo-sentimentale appare chiarissimo e ben fornito di dettagli fin dalla più insospettabile tenera età.
Da che giochi potrebbero farsi con la Barbie desiderata a come potrebbe essere il primo bacio, il primo "ti amo", il primo anello eccetera... il tutto con una svariata gamma di opzioni.
Quindi, trovandosi all'interno di un binomio amoroso, una donna ha già immaginato le situazioni e sensazioni che le darebbero appagamento, e perché l'ago della bilancia punti verso la felicità, occorre solo che la realtà immaginata corrisponda a quella effettiva, che le due realtà non siano parallele ma coincidenti. Niente di più e niente di meno.
La donna non rivelerà mai direttamente, esplicitamente o spontaneamente le chiavi della propria felicità. Lo farà con aria distratta, quando il partner meno se lo aspetta, magari una sera, a casa di lei, mentre lui le raccomoda il lettore dvd che si inceppa sempre, lei, tranquilla, se ne uscirà dicendo:
"vuoi gli spaghetti o le penne? Questo pesto a Parigi sarebbe più pinoloso. Per secondo prosciutto e melone eh, che sono a dieta"
Potranno passare mesi, anni in certi casi e se un paio di frasi velate non verranno recepite, arriverà il momento, durante un litigio, indipendentemente dalla causa scatenante dell'alterco, in cui lei dirà "e poi non mi hai mai portato a Parigi! E' sempre stato il mio sogno e tu l'hai sempre saputo!!! Ma non ti importa!!! Non mi dai attenzioni! Mi trascuri!!Non mi ami!" E mentre lei continuerà l'arringa, presa dalla tristezza, dallo sconforto, dal disappunto, lui sarà lì che prima di rispondere a tono si chiederà "ma quando mai è successo???".
Da lì il degenerare delle cose, e un desiderio nato come cornice romantica ad un amore spontaneo diventa motivo di spargimento di sangue, amore rinnegato e maledizione verso la stagione dell'incontro tra i due amanti.
Sarebbe più semplice fare un elenco? Beh sì, ma è una condizione che si verifica raramente e in coppie molto ben organizzate, caratteristica naturale e difficilmente imponibile, nonché rarissima.
La gran parte delle donne non è nemmeno del tutto consapevole di tutto ciò che desideri dal proprio uomo se non nel momento in cui lui non manchi di qualcosa.
E quelle che ne sono invece consapevoli si dividono a loro volta in un'altra sottocategoria: coloro che, orgogliose della propria consapevolezza comunicano con semplicità i sine-qua-non (vedi donne da coppia ben organizzata) e coloro che, anche se magari vorrebbero, non possono, proprio non possono essere dirette. Non possono essere dirette perché questo elenco puntato che si portano dentro, a loro, appare chiarissimo, ovvio, palese, tanto chiaro che solo un demente non riuscirebbe a riscriverlo nel dettaglio, e poi, fondamentale, perché esplicitare i propri romantici, sciocchi, superflui, anche assurdi dettagli ucciderebbe definitivamente la spontaneità.
"Se te lo dico poi non vale più".
 Dunque, la difficoltà più diffusa riscontrata dai maschi è quella di reperire le informazioni necessarie per rendere felice la propria donna, farla ragionare sul fatto che non tutte le esigenze manifestate dalla dolce metà siano poi così fondamentali è un desiderio legittimo che però necessita di un'altra parentesi: è necessario spezzare una lancia in favore di queste fidanzate.
Non lo faccio nemmeno troppo volentieri ma è un dato fondamentale di cui è impossibile e irragionevole non tener conto: il background.
Sembrerà sciocco, frivolo, superficiale, ma a partire dai cartoni Disney per poi finire a situazioni alla GossipGirl, l'immaginazione femminile subisce un'influenza devastante per cui è quasi impossibile che una ragazza cresciuta tra storie monogame infinite dei nonni e Sailor Moon, riesca a scavare con chirurgica lucidità dentro di sé e che riesca a recidere il vero innecessario bagaglio superfluo.
Sicuramente lei riconoscerà il valore basilare delle piccole cose e le amerà, ma, seppur in minima percentuale, desidererà quell'elemento sorpresa-amoreterno.
Ergo, l'unica soluzione possibile è armarsi di santa pazienza e ascoltare.
Ascoltare e registrare perché ogni informazione potrà rivelarsi "fondamentale" e soprattutto potrebbe essere nascosta tra le righe della più insospettabile conversazione.
Guardare i film e le serie e dare un'occhiata ai libri della propria dolce metà si rivela sempre utile.
Naturalmente, i risultati si noteranno dopo qualche settimana dalla prima applicazione del metodo, consigliato ad uso giornaliero, nell'attesa che la pazienza dia i suoi frutti, scuse sentite e tutto ciò che la lei in questione ritenga una carineria sono molto utili al fine di evitare il punto di non ritorno, quel punto nel quale lei incalza insopportabilmente sulle mancanze del partner che non ha scampo: quando lei si sdegna non esiste più una risposta giusta ed una errata.
C'è solo "perdonami per non averti capita" fondamentale la presa di coscienza col "per" da non sbagliare mai col discolpante "se non".
Se superati i limiti massimi di sopportazione è accettabile anche un "vaffanculo" a scopo ridimensionante a patto che non sia stato preceduto da un "stai calma" "devi calmarti" "calmati" "devi stare calma" "se ti arrabbi ti vengono le rughe".
L'intensità del bisticcio è direttamente proporzionale all'interesse per il partner, è una dimostrazione d'affetto in un certo senso. Per quante cose terribili lei possa dire, per quanto sia credibile mentre le dice, vorrebbe solo che il partner capisse, è sconcertata dal fatto che ancora lui non abbia compreso, e sebbene lo negherà con tutte le proprie forze, è il momento in cui vorrebbe un soffocante comprensivo e romantico abbraccio.
"Ascoltare-Ricordare-Agire"
Questo è un metodo che aumenta esponenzialmente la percentuale degli scampati al linciaggio di cui sopra: dallo 0.8% dei rapidissimi si passa al 96.5% dei metodici.
Nel caso opposto il problema viene raramente percepito, nel caso, una maggiore attenzione a gli interessi del partner è unanoiamortale ma dà sempre risultati eccellenti.

Lei sicuramente avrà sbuffato quella sera che la sua amica dava una festa e loro non sono andati perché lui era stanco, e quell'altra sera che c'erano i negozi aperti ma c'era anche la partita.
E se lui l'avesse ascoltata, senza giudicare il perché o il percome, ora non dovrebbe tirare fuori la visa per rabbonirla. Funziona anche quella ma più raramente e in extremis.

Detto questo, i concetti sempreverdi sono giustissimi e da tenere a mente, quindi sì è tutto un compromesso, la compatibilità è fondamentale, la diversità è fondamentale, litigare serve a conoscersi -e a fare pace-, ognuno è un'eccezione, siamo tutti diversi, siamo tutti uguali, il ciclo, gli ormoni, i propri spazi eccetera...

Io sono per la relazione vittoriana un po' riadattata, il duello mentale austeniano, le favole e le poesie da scambiarsi, le passeggiate, i pianti, il sesso intenso, la vita sociale da inventare, l'intimità profonda, cucino io, il letto lo fa lui, ogni tanto il giapponese, il cinema, forse il mc, cerco quello stabile ma matto, paziente ma fino a un certo punto, in pratica che abbia la mia stessa sfumatura psicopatica, o una simile e poi sì il dvd e il divano.

"Pesto a Parigi. Amore che ne pensi? Potrei chiamarlo così il mio libro..."





giovedì 4 ottobre 2012

GudSophia



Siamo nell'era in cui l'apparire conta più dell'essere?
Forse siamo nell'era in cui ci sono molte possibilità di apparire. Molte più di sempre.
Quindi una grossa parte del nostro formarci riguarda anche cosa poi appaia, che idea di noi si dia al mondo esterno.
Uno di quegl'argomenti spinosi, che se dici che ti importa vieni linciato dalla massa che ti lincia anche se dici che non te ne importa, tanto non ti crede nessuno.

De gustibus non est disputandum, non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace.

Ma cos'è bello?
A darci varie versioni e suddivisioni di questo concetto ci hanno pensato in molti, da Platone a Kant, da  Da Vinci a Jobs, ed io non credo di aver ancora pronta la mia teoria sviluppata in merito.
Oggi però sono stata a sentire Givone che ne parlava e mi è proprio piaciuto.
Il ragionamento filosofico cattura bene la mia attenzione e l'argomento trattato anche, quindi ho trascorso due ore immersa nel mio ideale godimento intellettuale.
Ho saltato il dibattito col pubblico sennò la Marti perdeva la sita, ma non sembrava all'altezza della lezione, i soliti saccenti che sanno due definizioni e pensano sia tutto lì.
La Marti mi ha tenuto la mano per quasi tutta la conferenza.
Troppo coinvolgente per abbracciare un bracciolo imbottito.

Givone ha parlato molto bene, il signore seduto di fronte a noi mi ha chiesto se il macellaio che sta accanto alla mia casa in campagna faccia davvero le più buone salsicce del chianti e io gli ho detto che è vero e che fa anche una mousse al lardo di colonnata da urlo e che sono i motivi per i quali ogni settembre, da bambina, facevo ritorno a Firenze rotolando.

Si è discusso su cosa sia la bellezza, l'ontologia di essa ecco e superando la sezione della relatività e del belloperantonomasia , il professore ha detto delle cose che, curiosamente , per me sono ciò che penso dell'amore.

Ora.
Parlare d'amore è la cosa più noiosa del mondo.
Però è anche la più bella.
Dipende come se ne parla, certo, poi c'è tutta quest'ansia che non puoi dire questa parola sennò vuol dire che vuoi accasarti e allora è un taboo come negl'anni quaranta parlare di ateismo o sesso orale.
Quando conosco qualcuno non mi interessa sapere quanti album su facebook abbia dedicato alle sue donne, non mi interessano i nomignoli cretini che poi giustamente ci si vergogna a ripetere, però mi interessa com'è che qualcuno diverso da me si innamori, com'è che ami, cosa sia o sia stato per lui  l'amore.
Questo sì mi interessa.
Mi interessa come mi interessano le cose che entusiasmano le persone che ho intorno, dalla scultura alla storia della matematica, mi interessa ciò che chi amo definise bello.
Amore e bellezza per me sono due concetti simili.
Se per bellezza si intende un vettore.
Hai davanti un luogo, un monumento, un paio d'occhi e capisci, e senti che non sono un luogo, un monumento o due occhi, sono una manifestazione di una casualità infinita che ti spiazza, sono una domanda, una domanda di fronte alla quale l'unica risposta possibile è sì.

Poi c'è Megan Fox.
Ma questo è un altro discorso.

Però alla fine è questo che voglio per me, nella vita e nell'amore.
E' questo il senso di condivisione della vita, è questa la "scintilla", la base, i lepidotteri nell'apparato digerente. E' sentire bello qualcuno e desiderare di essere altrettanto bella per.
Bello secondo caratteristiche casuali che corrispondono ai propri personali canoni.
E' tutti lì, racchiuso in quei momenti nei quali si ha l'impressione che tutto si trovi al posto giusto, nel giusto momento, quella sensazione che ti dice che tutto va bene, tutto è come deve essere e non importa chi abbia deciso come debba essere, semplicemente i fatti corrispondono alla realtà che il tuo io desidera. (avevo scritto cuore ma m'è venuto un conato quindi ho messo "io")

Alla fine è complesso e semplicissimo.
Elementare Watson. Elementare.
Un gioco.
Un gioco tra immaginazione e intelletto.
Un gioco libero.
Un gioco per caso.
Un gioco ordinato da regole autogenerate.
La scoperta riscoperta della natura, della propria natura.
Il riconoscersi in qualcosa al di fuori di noi che è così simile e presente anche dentro di noi.
E scoprirne il senso di verità, di bene, di bello.
Una scoperta che mette in gioco le persone per ciò che sono.

Sragiono forse, un mix tra enfasi intellettuale e assenza di cibo definibile tale (sì roba da canoni di bellezza imposti dalla società che blàblà il male del mondo blàblà JillCooper eccetera)

Insomma un gioco.
Buffo come la parola "gioco" stia in un'espressione quale "mettersi in gioco", un gioco uno lo scambia sempre per uno scherzo ma mettersi in gioco significa starci dentro sul serio.
E forse è proprio questo il senso, cogli la bellezza vera quando ritrovi il ritmo del mondo, quando ritrovi il senso infantile dell'esistenza.
Tutto è un gioco quindi.
Un bellissimo, un serissimo gioco.
Un gioco serio come seri sono i giochi dei bimbi che passano i pomeriggi giocando al "facciamo finta che siamo", la realtà immaginata, nella più totale libertà, si ritrova nel mondo reale ed è perfetta.
Alla fine i bimbi hanno sempre tutte le risposte in tasca, insieme alle figurine e le palline che rimbalzano.

"Per me sei la più bella del mondo"

Me lo disse il mio piccolo cuginetto in un giorno triste mentre gli facevo da babysitter.
Ha funzionato meglio delle rose.

Nero.
Titoli di coda.

Dopo abbiamo giocato coi gormiti, ho vinto io, lui si è arrabbiato e me li ha tirati dietro, ma non era d'effetto finire il post con questa parte della storia, ho tagliato prima.


sabato 29 settembre 2012

Il caso Edison e Firenze

Renzi viaggia in camper.
I Radiohead, Iggy Pop ed altre sciocchezze.
E' questo di cui si parla in questi giorni.
"ohmiodio i Radiohead  che fighi!"
"Iggy Pop è un grande! Evviva l'HardRock!"
"oh, c'ho fame, si va al BurgerKing?"
"Da H&M hanno i jeans-pantacollant a 9.99! Un vero affare!"

Camminando per i marciapiedi sconnessi del centro, i discorsi che si possono sentire tendendo appena le orecchie sono questi. Qualcuno parla anche del clima, qualcun altro dell'Iphone, un turista ha chiesto al barista dove fosse San Pietro -siete a piedi?- ha risposto l'uomo del bar, un ragazzo ha comprato delle Malboro rosse, quelle che fumava mio babbo, mi viene in mente, prima che passasse alle light.
Il Renzi viaggia in camper.

Non mi ricordo i nomi di tutte le strade, non ci ho mai prestato veramente attenzione. I percorsi per arrivare dove desidero li invento perché il mio senso dell'orientamento è come una fonte nel deserto, totalmente assente. L'autobus non mi piace, preferisco andare a piedi, anche se è caldo, anche se piove e se riesco ad arrivare in uno dei punti chiave del centro senza che venga investita da una bicicletta arrogante o di una carrozza appesantita da una famiglia tedesca, mi sento di nuovo al sicuro.

Ho sempre pensato, da brava fiorentina purosangue, che fosse una fortuna impagabile quella di poter godere di così tanta bellezza gratuita.
Firenze è un'espressione d'amore e arte architettonica.
Qualunque cosa ti sia capitata, fai due passi e ti trovi di fronte il Duomo. O Piazza Signoria e la Loggia dei Lanzi, giusto le prime tre voci di una guida turistica per giapponesi.
E questo condiziona i fiorentini fin dalla nascita, dalle prime giratine a vedere la sfilata dei Magi o lo scoppio del carro. Sì li condiziona, per forza, e alla fine l'Arco di Trionfo non sembra poi così speciale.
Il Renzi intanto viaggia in camper.

I fiorentini.
Già perché chi abita a Firenze si chiama così "fiorentino" e sono quelli che aspirano la "c" e la "t" come gli etruschi, sono quelli col CAP che parte da 50100, o dello 055 se chiami un fisso, sono quelle persone per le quali Firenze non è due pagine di una camera con vista, ma un progetto, un futuro, una scommessa, un reale presente, un adesso come direbbe il Renzi se non fosse in viaggio in camper.

Sembra che per queste persone, sì per le persone che a Firenze fanno l'occhiolino al David ma comprano anche il dentifricio e lo scottex, ecco sembra che per queste persone qui, almeno in centro, non ci sia più posto.
Forse noi fiorentini siamo brutti?
Non ci intoniamo alla linea estetica marcante l'immagine che Firenze dà nel mondo?
I turisti non gradiscono la nostra vista?
E' forse per questo che i posti in cui se vuoi mangiare fuori a pranzo, senza un menu fisso con la cocacola e il pane imbustato nella plastica o senza spendere dodici euro per un caffè, si trovano tutti in viuzze traverse?
Questioni di mercato, il Fiorentino funziona come concept, non servono persone vere, è un marchio da stampare sulla pelle delle borse nelle vetrine in San Lorenzo.
Il Giglio vende, le persone fanno brutto.
E Renzi in camper seguita il viaggio.

Negli ultimi anni hanno chiuso l'Ambasciata, dove suonavano dal vivo tutti i gruppi underground del territorio, permettevano di far esibire spesso anche quelli senza contratto Universal, hanno eliminato il Variety, il cinema nel quale io e tutti i miei amici abbiamo visto Harry Potter e la Pietra Filosofale.
Hanno chiuso la Martelli, dove potevi fare colazione e leggere Foster Wallace prima che ci fossero i ragazzini coi baffi e i pantaloni arrotolati a farti un instagram.
E come questi altri luoghi di ritrovo per cittadini anonimi si sono estinti.
Ricordi l'hanno spostato in via Brunelleschi, ora c'è Nespresso, l'ennesima americanata.
Renzi sempre nel camper. Chissà con cosa se lo fa il caffè ?

Sulla ghigliottina adesso c'è lei, la libreria che dal 96' ha diminuito di quattro piani l'ignoranza di questa città, accompagnando questa redenzione senza pretese, con un caffè sincero e troppe poche sedie.

Sono fioccate polemiche d'ogni genere, chi si è arrabbiato, chi ha pianto, chi ha scritto indignatissimi status su ogni social network che glielo permettesse. Il web cittadino parla solo di questo.

Io ci sono entrata l'altra settimana, i libri rimasti sugli scaffali gialli sembravano gli anziani lasciati a Villa le Terme. La sensazione salendo le scale è precisamente la stessa in entrambi gli edifici.
La barista tiene lo sguardo basso, insieme allo scontrino ti da una dose di malinconia da masticarti prima di uscire, giusto perché ti resti l'amaro in bocca.

Non so se riesco ad essere particolarmente obiettiva perché in quella libreria ho vissuto, altri come me, momenti fondamentali della mia vita. Troppo tragico?
No, sto parlando di emozioni vere, reali, di contatti emotivi e sentimentali, avuti con persone vive o parole vive, proprio lì, su quelle sedie di plastica, davanti a quegli scaffali! Ho un livido fisso sullo stinco a misura Edison!
Ma no, Firenze, il bon bon da turista, merita un Apple Store.

Però è ovvio che il problema non sia questo, Apple vende a prezzi esagerati oggetti che rispondono a precise esigenze emotive e sociali che essa stessa ha creato.
Che piaccia o meno, è un dato di fatto.

I libri non piacciono.
Non abbastanza da sopravvivere.
E' Darwiniano.
E' selezione naturale.
Le Monnier, la libreria al Porcellino, quella in via della Colonna, hanno chiuso tutte ed altre ne chiuderanno.
I libri sono come i Dodo.
Costano troppo rispetto all'interesse che suscitano.
E i "feticisti" della carta stampata e del redesign delle copertine degl'oscar Mondadori sono pochi, e i più di questi pochi non hanno la liquidità necessaria per risollevare le sorti infauste del mercato editoriale.
E quindi? Forse bisognerebbe stare un passo avanti ai tempi, niente più libri di carta per la gioia  degl'ambientalisti ma terabyte su terabyte in hardisk immensi con milioni di ebook da acquistare a poco prezzo, magari anche gratis se l'autore è morto.
Può funzionare? Esiste già?
Un compromesso.
Un compromesso tra l'Ipad e l'opera omnia di Dostoevskij.
Tentare una strada alternativa, per me, è doveroso e ben lontano dall'accanimento terapeutico.

Da fiorentina, non voglio che si possa dire per l'ennesima volta che Firenze è come uno di quegli studenti brillanti ma indisciplinati, come magari siamo stati tutti:

"potrebbe fare molto di più ma non si applica"

Applichiamoci.

App-lichiamoci.


Il cuore, per l' Edison, mi piange lo stesso.


Adesso Firenze perde quattro piani d'anima.
Il Renzi viaggia in camper allo stesso tempo.

I Canti di Leopardi in busta Edison


martedì 18 settembre 2012

Fall in Love







Non mi piacciono troppo le poesie, ma oggi avevo in mente questa, che mi fa venire in mente la persona adatta a me.


Molta follia è suprema saggezza
per un occhio che capisce -
molta saggezza, la più pura follia.
Anche in questo prevale la maggioranza.
Conformati, e sei saggio -
dissenti, e sei pericoloso.

Un matto da legare.


Emily Dickinson




giovedì 13 settembre 2012

La sirena e il capitano

A volte mi sento come una sirena, seduta su uno scoglio, che pur di non cantare i suoi segreti canta cover.

Mi vesto e mi accorgo di un dettaglio che mi fa sorridere.
Mi sono accorta che indosso un coordinato, niente di che, pizzo color sabbia, uguale a tutti gli altri.
Ma questo, e scusami se rido, questo l'ho comprato per te.
Lo so, lo so è assurdo, ma a mia discolpa posso dirti che l'ho comprato molto tempo fa, molto più di quanto non sarei disposta a confessare, forse.
Sai io ho un modo molto empatico di acquistare capi.
Li guardo, li tocco, e se mi suscitano l'emozione giusta o l'immagine giusta, nemmeno li provo, sono già miei.
E' perché la mia immaginazione è fervida che il mio armadio straripa.
Così vidi questo e pensai che ti sarebbe piaciuto, ma non per lo stesso motivo scatenante per cui piacerebbe anche ad altri, forse, ma perché tu sei uno che si accorge delle cose, uno attento al dettaglio, ed avresti passato piano le dita sul ricamo degli spallini e sul pizzo tra le ossa ondose del bacino ci avresti letto una storia.
Scuoto la testa e sorrido ancora.
I miei sogni a forma di vita sono così lineari, nella vita a forma di vita, forse non ti accorgeresti nemmeno che sono nuda se non per qualche decimetro quadrato ben tagliato di stoffa, anzi neppure mi spoglieresti.
E qui mi vengono in mente i discorsi che la mia amica ed io ci prestavamo a vicenda, frasi a effetto, molto rincuoranti che parlavano della bellezza di mari mai navigati, o appena solcati, di fatti che son come domande e poi le risposte arrivano anche se non sai quando, tutte le cose da sapere su tempo e destino per sentire un po' meno il senso di vuoto che ti lascia dentro qualcosa andata per un altro verso rispetto alla rotta che tu avevi tracciato.
Eravamo bellissime.
Sorrido.
Hai visto molto di me, ma mai questo completo.
Mi abbottono la camicetta e penso che sono contenta che ti piaccia il mio cervello, che ci sia questo scambio di informazioni, opinioni, recensioni, sono felice tu voglia capirmi, ascoltarmi, farmi conoscere quello che sai, mi allieta che tra noi vi sia questa affinità culturale, professionale.
Sì.
Davvero.
Perché ti stimo.
Ecco.
Però, no, sei uno scemo, uno di quelli certificati, perché questo completino mi sta da dio e la prima cosa che dovresti pensare appena sveglio è chiamarmi, vedermi e stamparmi un bacio di quelli che ti si imprimono a forza nella memoria. Sensoriale, fisica, sentimentale.
Siamo perfetti alla fine.
Una sirena che canta canzoni d'altri e il capitano di una nave a vele spiegate, attraccata al porto.





lunedì 27 agosto 2012

Breve Dialogo Semplice


In uno di quei barrettini sulla spiaggia, quelli tutti di legno, quelli in cui alle quattro e mezza fanno la schiacciata e le ciambelline, quelli col pavimento sabbioso su cui puoi camminare anche senza ciabattine, chiedo un caffè e una mezza naturale.

"Signora..sei fidanzata?"
"...no"
"Ma sei bella!"
"Che carino, grazie mimmi..."
"Sai io quando vedo una che mi piace la bacio! A te ti bacia mai nessuno?"
"Mah... ultimamente insomma..."
"Magari dove stai te li fanno diversi! Non essere triste signora!"

Mi dice che è bello l'orecchino che ho lì, sull'ombelico e poi prende un maxibon e torna a giocare coi suoi amichetti che ridacchiavano e dicevano che parlavo buffa.



venerdì 24 agosto 2012

Vado a parole

Sailor Crusca.
Non nel senso degli All Bran.
Cioè se avessi una compagna sarebbe Sailor Devoto-Oli, non Sailor Bifidus...
Ecco sarebbe questo il tipo di Sailor che sarei.
"Potere del Cristallo Semantico, vieni a me" griderei strizzata in un abitino da educanda, tenendo in mano uno scettro esagonale a due punte, una rossa ed una blu.
E infonderei il senso del congiuntivo, ucciderei qualche "cioè" di troppo, combatterei strenuamente contro le "k" e difenderei il peso delle parole, di tutte le parole che conosco ed anche di tutte le altre.

Io ho un rapporto con le parole.
Avevo scritto "strano" in prima battuta, ma è un aggettivo che, al momento, non capisco molto bene, quindi l'ho soppresso.
Ho un rapporto di amore/odio, di dipendenza.
Tensione.
Momenti nei quali ne ho bisogno, un bisogno soffocante.
Ed è bisogno di darle come di riceverle.
E momenti nei quali le detesto, non ne sopporto nemmeno la vista.
Soffocante diventa la loro presenza.
Superflua.
Ridondante.
Pleonastica.
Insopportabile.

Potenti.
Potentissime.
In ogni caso, queste parole.

E sì, abbondano frasi fatte sull'importanza dei gesti, del fare, dello sporcarsi le mani con la vita.
Ed è tutto giusto ma dipende che significa per te una parola.
Io per tirarne fuori alcune, devo mettere le mani nel sangue.
E pronunciarle è una bellezza infinita e doloroso e devastante insieme.

Ci sono stati giorni lunghi quanto lontani, nei quali a cullarmi è stata la tristezza dell'inefficacia delle mie parole dette e scritte.
Ricordo la mia faccia smunta, stremata per averle estratte dalla radice più sincera del mio io ed averle porte con dolcezza insensata o rabbia o amore e non aver ottenuto nulla più d'un pugno vuoto, pieno di silenzio.

Ma il silenzio ha un peso pure lui.
Solenne, assenso, assente anche.
Violento il calare.
Dirompente lo spaccarsi.

E quando accade, quando si frantuma, vedi.
Vedi quel che c'era dentro.

Oh.
Un paio di parole.

mercoledì 22 agosto 2012

Questa è la tua mail.

"Devo rispondere alla mail"
E' una frasettina che mi si accende in testa, appena spento il mac.
Ed ovviamente è tardissimo, ho passato due ore a cazzeggiare tra pigrissimi like e a sbavare dietro siti di gente che fa od è cosa vorrei fare ed essere io ma anche meglio.
Quindi penso due righe che mi paiono proprio proprio geniali e mi addormento cullandomi nell'illusione che "la scriverò domattina".
Poi "domattina" mi sveglio male perché ho dormito un po' storta, con le manine ripiegate e sono dolorante e svogliata, quindi è tutto un "dopo" che non arriva mai.
Poi lo sai, odio le mail.

Però la schermata grigia del blog di google mi fa sentire a casa, mi fa sentire accolta in un luogo dove sono sempre la benvenuta, mi fa sentire voluta bene, e allora ti rispondo qui, più serenamente.
Che poi ovviamente sto generando un post di quelli così sinceri che ogni apprezzamento sarebbe imbarazzante, ma lo sai, i miei post migliori sono quelli senza like, in apparenza.
Una massima che nella mia vita si può espandere in diversi settori.

Ho anche pensato che potrebbe risultare sconveniente scrivere i cazzi miei così, poi ho anche subito pensato "quando mai i cazzi di qualcuno che li racconta tranquillamente sono di comune e gossippesco interesse", poi sono nella fase shalla della vita, motivata dall'amore per certe cose che faccio e scopro, quindi, fondamentalmente, faccio quel cazzo che mi pare senza il minimo senso d'ansia di giudizio, nemmeno del mio.

Suono, ma ho smesso.
Ho smesso un sacco di cose che mi piacevano perché non mi sentivo abbastanza brava, che poi non era vero, ma nel momento in cui devi scegliere se far fatica per qualcosa, semplicemente non ci stavo dentro. Non abbastanza.
Qualche tempo fa ho preso in mano la chitarra, dopo giorni in cui mi fissava storta, e ho suonato un pezzo di quelli forse un po' troppo commerciali, un po' troppo goticheggianti, un po' troppo diverse cose per fare la fighetta indie, forse, ma chissenefotte mi piaceva e ho attaccato a strimpellarlo.
All'inizio faceva cagare.
Ma dopo un paio di giri ho cominciato a canticchiare ed è venuta fuori, e anche se non era proprio uguale all'originale, ho capito - sai quando capisci espressioni ovvie che hai sempre detto? tipo senti un click nella testa e bum, le hai capite davvero...- insomma ho capito che significhi "propria interpretazione".
Non ho una gran voce, non so nemmeno troppe canzoni a memoria, la memoria in generale non è il mio, non questo tipo qui almeno.
Però ho sentito che quella canzone ce l'avevo, era anche mia.
E poi ti ho pensato.
Continuavo a suonare e pensavo a tutte le cose che in questo breveimmenso tempo hanno riempito lo spazio immensobreve tra di noi.
La canzone cambiava, diventava un'altra, e poi pensavo a quanto io riesca a pensare intensamente una cosa ed il suo opposto, quanto ami il punto chiaro della situazione e quanto invece lo detesti, quanto ami l'implicito e a quanto desideri la luce del sole sui gesti e a quante volte abbia cercato di arginare questo dualismo col solo risultato di una diga frantumata da una personalità disturbata, impetuosa e contorta quale la mia.

Eppure sono una ragazza semplice.

E ti prego, non ridere.

In realtà è tutto come la spirale di Fibonacci.
Sì che dopo che l'ha scoperta tutti a dire "eh, bravo, sta dentro a un trilione di cose! cioè lo vedi? è ovvio che questo quadro è bello, è in rapporto aureo!"
E sì vabbè occhèi, ma estrapolare la formula da una conchiglia mica è tanto ovvio.
Gli sarà venuto il mal di testa a guardare tutte le cose, osservare i nessi, scorgere da lontano la regola alla radice prima di estrapolarla, di coglierla...
Secondo me sì, si svegliava la mattina e prendeva due aulin a stomaco vuoto.

E quindi, mentre arpeggiavo, pensavo che è così che vivo questa parte di vita, con il mal di testa da Fibonacci. Cercando di definire entro linee certe, l'equazione di ogni cosa.
Perché ho questa fissazione di dover capire che cos'è per me ogni legame.
Ho la smania di verità costante.
Ed anche se gioco sporco, beh devo saperlo per bene.
Scorgere il limite del mio spazio d'azione, e di quello di chi mi sta di fronte.
Ed è per questo che poi faccio casino, che mi arrabbio e penso che conoscerci sia stata l'idea più malsana che mi sia mai venuta in mente!
Fondamentalmente per il principio che genera l'odio nel mondo.
Perché non capisco.

Ma forse ho capito.
Ho capito che forse non devo capire niente, che la verità è come un pruno che non riesci a togliere con le pinzette - ne so qualcosa- e quando sarà il momento farà tutto da sé...
Certo è una lunga incubazione dalla piacevolezza di un travaglio plurigemellare talvolta...
Però tanto per precipitare nell'ovvio, tutto va come deve, quindi tanto vale prendere le cose come stanno senza comprimerle a sangue in convizioni, definizioni, aspettative o regole non adatte a qualcosa di, fondamentalmente, molto spontaneo.

Wow.

L'ho detto.
Cioè l'ho pensato.
E l'ho scritto anche.

Ed ora mi sento leggera come una modella americana, di quelle che a piedi uniti, tra le cosce ci passa un cane al salto col bastone in bocca.

Ti voglio bene.
Ti voglio un bene non a forma di bene.
Ti voglio un bene a forma di ogni stranezza, di ogni episodio, di ogni puntata, di ogni canzone, di ogni colpo di matto che il nostro sceneggiatore inserisce in questa telenovela argentina dorata.

Ogni gradino che abbiamo salito, coi nostri tempi, sincopati e fuori sincrono, visti nella totalità della gradinata, ora che almeno io sono su un pianerottolo - anche tu ma sicuramente su un altro- mi sembra una prova di forza infinita. Non ho il fiatone ma non è nemmeno agile come una passeggiata in collina.

Ora ho perso il filo, ma forse ho scritto facendo contento Joyce e il suo stream of consciousness, e quindi niente in questo discorso è riconducibile al filo logico d'Arianna che per me, nella mia vita, è solo un ottimo, se non il migliore, shottino da Eby's.

Siamo agli sgoccioli di questo flusso di parole dense di un significato immenso e poverissimo e non scriverò nessun saluto perché questa mail che avrei dovuto scriverti non parlava di addii o arrivederci, o pianti alla stazione.
Parlava di questo nostro ordinatissimo casino e basta.
Perché il riassunto delle puntate precedenti magari può sembrare noioso, ma ogni passaggio che vedi pensi "io c'ero, l'ho visto, l'ho vissuto!" e allora visto che a quello c'hai pensato tu, io ho scritto a vanvera perché non sarei mai stata all'altezza della tua digitazione.
Alla fine sei proprio uno scrittore.

A presto.

G















martedì 21 agosto 2012

Sei tornato, Eroe.

Esse, Fisico magro, andatura lenta, capelli spettinati. Come sempre.
Si ferma di fronte all'entrata del locale.
E' sempre lo stesso, pensa, però si vede che è bruciato.
Guarda in basso. Un istante. Entra.
Tutto come prima.
Quasi.
M sempre sul panchetto di legno in fondo al bancone, lo stesso boccale di birra scura, sicuramente non il primo e forse anche la stessa camicia.
R e i suoi amici smilzi a giocare una partita a carte, senza soldi, ma densa di rancori atavici,
un gioco di bari iniziato molto prima della guerra e che forse la guerra aveva reso solo più sporco; nessun vincitore, come sempre.
D passa lo straccio sul bancone, che è proprio come prima, solo che B non c'è appoggiato coi gomiti, c'è una sua foto appesa al muro.
Esse guarda dritto D che quando lo riconosce fa quella sua espressione piena di dolcezza e malinconia che da un omone grosso e barbuto certo non t'aspetti.
Esse abbozza un sorriso e D gli indica di là a destra, la porta sul retro.
Esse muove due passi e la porta si apre.
Jay.
Capelli raccolti, passo deciso, vassoio in mano.
Prende i vuoti al tavolino di R, un altro giro, dice lei, con lo stesso sorriso e lo stesso solito tono d'un interrogativo la cui risposta è palese.
Jay va verso il bancone, vede la faccia di D e si volta subito.
Si vedono.
Sorride, lei.
Gli spacca il cuore, come sempre.
Si vanno in contro, lei posa il vassoio, struscia la mano al grembiule e lo abbraccia proprio come sempre.
Lo sguardo di D, gli amici di R, R, anche quello stordito di M, un istante, su di loro.
Come se quella città, quella strada, quel locale, quelle persone, per un istante, avessero inteso di avere davvero un profondo bisogno che tutto sembrasse, almeno un po', come sempre.

-E' stata dura di brutto.-
-Sei tornato, Eroe.-








sabato 18 agosto 2012

Zara o Zarathustra?

Oggi mentre mi specchiavo in un camerino, riflettevo anche.
Pensavo a quante volte ero stata proprio in quel camerino, a quanti capi abbia provato, a quanti ne abbia poi davvero comprati, a quante aspettative abbia riposto nel vestito giusto e nel colore giusto per la serata giusta.
Cazzate filosofiche miste a mero materialismo.
Poi pensavo a che persona sia diventata, a che persona sia sempre stata, e a quanto non me ne importi più niente di piacere per il gusto di farlo.
Poi altre cazzate filosofiche.
Tipo: se non mi fossi sentita terribilmente esteticamente inadeguata, avrei mai letto un libro?
E poi un altro e un altro ancora?
Forse no, forse se a quattordici anni mi fossi sentita bella e serena non avrei passato le notti a scrivere roba -illeggibile- barocca densa d'aggettivi attempati e forse nemmeno mi sarei messa a cercare risposte, non mi sarei fatta neppure tante domande e sarei andata al Variety a vedere un film insieme al ragazzino che mi piaceva.
Mi ripeto spesso che sebbene il desiderio di conoscenza si porti dietro qualche effetto collaterale, valga comunque sempre la pena, che nonostante tutto, faccia crescere in modo sano e diventare migliore.
Sì. Ma forse no. Forse questa fissa di andare oltre, di voler scoprire sempre la verità, di non accontentarsi mai di quello che si vede ma pretendere sempre qualcosa in più da me e dal mondo intorno, forse non vale il mal di testa o di stomaco o di fegato che ne derivano.
Forse è sbagliato. Forse se le cose ti appaiono in un certo modo devi fartele andare bene e basta. Soffocare il pop-up interrogativo che balena in testa. 
Forse dovrei essere più semplice, più leggera.
Meno robusta sia fisicamente che nei confronti della vita.
Tenere in riga, a dieta il cervello, farlo diventare borderline anoressico.
E forse questi sono i discorsi giusti per questo scopo.
Ma, sempre forse, non è il caso di dar tanta corda a questo florilegio d'assurdità.

Prima o poi deciderò come la penso:
Se sia più giusto "così parlò zarathustra" o se non sia meglio fermarsi a zara e basta.

mercoledì 15 agosto 2012

RedHaired girls



Baciami come se guidassi una 1100


Ferragosto.
Se non sei sulla spiaggia di Gran Canaria o al solito bagno al Forte, a giocare a calcetto, bere l'estatè al limone ed evitare i gavettoni più ingrati, sei a pranzo coi parenti.
Ed è tipo natale, solo che fa caldo. Quindi alla fine c'è il gelato.
Mia mamma cucina troppo bene. Ha preso tutto dalla nonna.
E poi è troppo bella quando aiutandola a cucinare, la osservo mentre si perde in un ricordo sabbioso che la fa sorridere, apparentemente senza perché...
Oggi poi, a riempire la cucina, c'erano cento e una canzoni di altri tempi che le facevano brillare lo sguardo.
Così aspettando che il timer del forno suonasse, mentre a risuonare era questa canzone, ho fatto questo disegnino.
E pensavo che mi sarebbe piaciuto stare dentro ad uno di quei documentari in bianco e nero, messi in onda da rai storia, in cui intervistavano le ragazze in spiaggia, coi primi due pezzi a pois, ed era tutto ancora da scoprire, e se volevi parlare con qualcuno dovevi telefonargli a casa, e i baci andavano guadagnati, e sapevano di gelato, di "i miei non devono saperlo",  di passeggiatine mano nella mano e canzoni soprattutto in italiano...
Invece siamo nell'era di facebook, dei blog, degli sms, della geolocalizzazione, il gelato è sammontana, la musica a volte nemmeno sai cosa ti dice e se non ti bacia la prima sera è sicuramente gay.
Ah, l'evoluzione.

martedì 14 agosto 2012

L'amore ai tempi del colera

Il titolo non c'entra niente col libro, che non mi piace nemmeno tanto, c'entra solo perché volevo enfatizzare le fusa della mia gatta mentre ho il mal di gola.


La mia odietamo cugina mi ha regalato un ciondolino tipo questo che ho disegnato.
Perché sono viziata e quando sono malata, a casa in famiglia, soprattutto ad agosto, i famigli si impietosiscono vedendomi fissare le pale ferme del ventilatore, che se lo accendessi farei la gioia delle mie placche. 
Mi comprano anche il gelato. 
Tanto gelato da rendere inutili questi due anni di dura palestra.
Maledetti.
La mia odietamo cugina mi ha regalato il suscritto ciondolo dicendo

"te l'ho preso perché ti somiglia, è magrolina come te".

A quel punto,il rancore profondo nato per tutte le magliette che mi ha sottratto, tutte le scarpe prese in prestito e mai più riviste, tutti i trucchi e i profumi che hanno fatto la stessa fine si è dissolto, dipanato nel suono di una più che piacevole bugia.
Però spero che il potere glamour di questa bambolina dorata e anoressichina, influisca su di me nella notte e mi faccia pensare a desiderare cose inutili e costose come altre scarpe o borse nel momento in cui si paleseranno di fronte a me gelati al cioccolato extrafondente della mia gelateria preferita, ad esempio.

Stasera non ha funzionato, ma non abbiamo ancora dormito insieme, quindi non valeva.

Però prometto.
Da ora a natale, solo insalatina.
Niente carboidrati dopo le diciotto.
Niente dolcini con la cioccolata.
Niente hamburger di mezzanotte.

Perché se non va bene con design dovrò trovare un ricco marito che mi mantenga e per questo nobile fine ho bisogno che il mio caro lato b rimanga in questa 26, e che magari ci stia pure un po' largo...
No, in fin dei conti sono fan del "due cuori e una capanna", certo non che "due cuori e una villa con piscina" mi faccia proprio schifo ma non è poi così fondamentale...via vedo che lo spirito gretto, superficiale e materialista della mia FashionVoodooDoll sa facendo effetto.

Eccellente.

lunedì 13 agosto 2012

Credevo fosse amore, invece era un calesse.


Una volta avevo un fidanzato.
All'inizio mi piaceva e basta, non so neanche bene perché.
Però ridevamo tanto.
Una mattina gli mandai un messaggio e non mi rispose per tutto il giorno.
La sera gli telefonai e lui il messaggio, lo aveva letto la mattina.
Non gli sembrava abbastanza importante, semplicemente.
Un'altra sera mi disse "ti chiamo".
Ed io risposi " anche io ti amo".
Lui rise, io volli morire, semplicemente.
Quel capodanno gli dissi "ti amo"
"Anche io una cosa incredibile" rispose.
Poi il suo migliore amico mi dette un bacio dichiarandomi il suo amore.
Gli dissi solo del bacio.
Litigammo tutta la notte, semplicemente.
Non venne mai a prendermi a scuola.
Ci vedevamo il giovedì sera.
Il giorno libero delle badanti rumene, pensavo io.
Venne il giorno dell'orale della maturità.
Mi misi a piangere, mi abbracciò, ma doveva andare via subito.
E' normale, pensavo io.
La prima parte di vacanza insieme fu splendida, in un posto da incubo.
La seconda parte di vacanza insieme fu un incubo, in un posto da incubo.
Non venne a Parigi con me.
Ci andai coi miei genitori.
Non venne a prendermi alla stazione.
Aveva il torneo di beach volley.
Litigare.
Lasciarsi.
Non capirsi ma
Baciarsi.
Fare l'amore.
Da capo.
Lui faceva l'ingegnere.
Io facevo i disegnini.
Lui aveva mal di stomaco e mal di ginocchio.
A me faceva male il cuore dagl'occhi.
Per un "brava" avrei fatto cose impensabili per me.
Per un "brava" ho fatto cose impensabili per me.
I ritagli del nostro mondo erano comunque bellissimi.
C'era un fiume, un lago, un divano coi film.
Il mare di inverno sapeva d'amore.
Il mare d'estate sapeva di inferno.
Non venne con me a Barcellona.
Ci andai con le amiche.
Venne con me a Tropea.
Portandosi dietro la famiglia.
Litigare.
Lasciarsi.
Non capirsi ma
Baciarsi.
Fare l'amore.
Da capo.
Per un natale mi regalò una valigia gigante piena di pantoni.
"al mio unico amore" c'aveva scritto sopra.
L'aveva firmata con nome e cognome, ma gli credetti lo stesso.
Tre giorni dopo mi scrisse un messaggio.
Non sapeva se mi amasse o meno, scrisse.
A capodanno mi dette un bacio.
Doveva ancora pensare.
Partii per la Francia.
Tornai ma non aveva ancora pensato.
Lui faceva l'ingegnere.
Io facevo lettere e i disegnini.
Si scordò del mio compleanno.
Glielo ricordai.
Mi lasciò.
Ma non era vero.
Però doveva ancora pensare se mi amava.
Mesi dopo mi disse che mi amava di nuovo.
Ma non era vero.
Mi aveva detto che mi amava perché mi era morto il cane.
Passai l'estate da un'amica.
E fu la più bella di sempre.
Passò l'estate con gli amici.
Mi disse una bugia.
Tornai sperando d'essergli mancata.
Quanto lui a me credo.
Tornò contento della vacanza.
Odiai l'estate.
Con tutto il cuore.
Litigare.
Lasciarsi.
Non capirsi ma
Baciarsi.
Fare l'amore.
Litigare ancora.
Lasciarsi.
Io baciai un altro.
Lui si fidanzò con una di Tirana.
Un gran casino poi.
Per un "è te che voglio" avrei fatto cose impensabili per me.
Per un "è te che voglio" ho fatto cose impensabili per me.
Ci perdonammo.
Forse ci siamo detti che ci eravamo perdonati.
Mi sembrò perfetto.
Come le ginocchia che tremano a quattordici anni.
La mia amica stette male.
Ci fece prendere paura.
Lui strinse la mano d'una sua amica.
Non la mia.
Fu allora che il mio amore morì.
Non un attimo prima e non uno dopo.
Elettrocardiogramma non piatto, monitor spento.
Per forza.
Lui mi amò d'un amore perfetto poi.
Mai le cose che disse erano state tanto giuste.
Mai le sue proposte tanto invitanti.
Mai le sue carezze tanto dolci.
Perfetto.
Come mai era stato.
Come l'avevo sempre visto lo stesso.
Ora che era come volevo, non lo volevo più, mi disse.
E non era vero.
Io lo volevo ancora.
Volevo ancora baci.
Ancora abbracci.
Ancora amore.
Ancora mattine insieme.
Ma non potevo più.
Gli faceva male la testa.
Mi facevano male gli occhi dal cuore.
Non sono certo perfetta.
Non sono nemmeno come vorrei.
Non del tutto.
Mai del tutto.
Sono una che ci crede.
Sono una che torna.
Sono una che forse nemmeno se n'è mai andata.
Sono una Lassie.
Bionda col cuore di cane.
E per certe cose spacco veramente le palle.
Forse ero troppo complicata per uno complicato.
Forse ero troppo complicata per uno semplice.
In quella semplicità ci avevo visto la mia speranza.
Invece è stata la mia disperazione.
Smettere di fare l'amore.
Smettere di baciarsi.
Continuare a non capirsi.
Litigare.
Lasciarsi.
Ora ho un ex fidanzato
Dal quale non ho imparato cosa mi piaccia
Ma cosa no.
Però ho imparato a piacermi io.
Che non sono un'ingegnere, ho chiuso con lettere, faccio i disegnini e tutto il resto.




domenica 12 agosto 2012

Psicopatici si nasce.

Ho la febbre.
Sono le quattro.
Faccio un incubo.
Mi sveglio madida di sudore, con la gola che pareva avessi usato un boa dell' Amazzonia al posto della sciarpa.
Bevo dell'acqua quasi col contagocce.
Addio sonno.
Muoio di caldo.
Scendo in giardino e sembro una matta.
In pigiama, con la sciarpa e il computer nel giardino buio.
Alle cinque si sveglia mio babbo che mi riconosce dopo aver pensato che fossi un ladro.
Prendiamo il caffè insieme e mi chiede che mi è successo.
Ho sognato che frullavo una tetta col minipimer a una tipa.
Ah, figurati, io ho sognato che rinchiudevo la nonna e la zia in una prigione segreta che avevo costruito in cantina... i sogni son desideri no? com'è che faceva?

Ed è in questi momenti di psicopatia, illuminati dalla luce metallica dell'alba, che sento viva l'identità familiare.