domenica 23 dicembre 2012

Odi et amo



Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.


Nessuno al mondo mi ha mai amata senza odiarmi un po'.
Anche l'amore, quello grande, quello da romanzo quotidiano, quello da "non ci credo che è così perfetto" alla fine mi ama ancora, coltivando lo stesso un po' d'odio.
È tanto vero che a volte mi piacerebbe essere quel tipo di persona che ispira solo cose belle.
Delicatezza, gentilezza, solo innocenza e nessun segreto.
Non che non sia anche questo ma c'è così tant'altro e così meno che è difficile stare accanto a me su di uno stesso gradino di affetto.
È un vortice.
Coi tempi quieti delle tempeste.
La banalità la adoro ma mi stanca.
La stravaganza mi eccita e mi annoia.
E sono sempre troppo poche le persone con cui riesco a passare insieme un giorno intero
e alla fine sentir di voler dire "ancora"

Una partita a scacchi, dopo cena, un duello continuo.
Ritmo serrato e tempi infiniti.
Adrenalina e tedio.

Aura mediocritas un cazzo.

Ὲρέω τε δηὖτε κοὐκ ἐρέω,
καὶ μαίνομαι κοὐ μαίνομαι.

domenica 9 dicembre 2012

Ritenta, sarai più fortunata

Il primo ragù che ho fatto è venuto buono.
Il secondo però era dieci volte tanto.
Sbagliando si impara.

Ti è mai capitato di amare qualcuno da piangere?
Cioè che se pensi che stai insieme a questa persona ti senti fortunatissimo e immeritevole perché questa persona è bellissima e ti rende felice, ti fa sentire così speciale che non esiste paragone ed è come il regalo che desideravi ma non avevi il coraggio di chiedere?

Col tempo questa sensazione, per me è cambiata.
È passata da "ti amo da piangere" a "mi viene da piangere perché ti amo" .
Che descrive il momento nel quale non ti capaciti di amare una persona capace di (elenco personalizzato) e dunque di star male per fraintendimenti o dispetti.

Io ho amato una volta sola, e se in certi momenti mi dico che avrei fatto meglio a sbattere contro una trave piuttosto che uscirci insieme o cadere in un burrone prima di dargli un bacio, in fin dei conti non sono tanto pentita.

Provo una certa tenerezza nel rivedermi piccola nei ricordi con B.
Ed anche, col senno di poi, quante cose potevano andare solo come sono andate, nonostante sentissi su di me chissà quali responsabilità.

Tanti drammi interiori li avrei evitati se mi fossi accorta prima che era tutto un 50 e 50, e che come non ho il potere di cambiare una persona, non ho il potere di farlo agire pessimamente contro di me (B era molto persuasivo, ed io, col fatto che mi piaceva da morire ascoltare le cose che mi raccontava sulla matematica, sulla fisica, sulla meccanica, ero portata a prendere tutto in considerazione, anche le cazzate... ma l'ho detto che ero piccola)

Forse era piccolo anche lui e non ci siamo semplicemente capiti.
Non ne so parlare con chiarezza perché tra noi non è mai riuscita a resistere questa chiarezza.

Per anni non ho avuto niente a che fare con l'orgoglio, credevo fermamente che si trattasse di un ostacolo ad un rapporto sereno, ed ho sofferto come un cane.
Poi mi sono sforzata di convincermi che se ad una persona importa di te cerca di capirti e all'idea di farti piangere starebbe male e telefonerebbe e farebbe di tutto pur di chiarire.
E sono rimasta sola
ed ho sofferto come un cane.
Ma meno.

Dico sempre che ho un carattere difficile.
Ed è vero ma fino ad un certo punto.
Ho reazioni molto forti, forti quanto, talvolta, la mia indifferenza.
Pretendo molto da pochissime persone che sono le uniche per le quali mi smuovo.
Del resto non me ne importa molto.
Ci sono delle sciocchezze che ritengo importantissime e tendo a non dirlo.
E quando una persona non lo capisce sto malissimo.
Ma quando lo capisce sono la ragazza più felice al mondo.

B ed io abbiamo sempre litigato molto e questo perché non sono mai riuscita a spiegarmi.
Buffo.
Avrei voluto potergli dire cosa mi faceva rimanere male, senza scatenare la sua arrabbiatura, avrei voluto che i motivi per i quali ci facevamo orribilmente soffrire a vicenda fossero stati argomenti importanti di cui parlare, da risolvere insieme perché ci volevamo bene.
A volte è stato davvero così, ed era così convincente che credevo potesse esserlo sempre.
Ma questo succede solo nelle sitcom.

Poi mettiamoci la sua capacità di rinfacciare ogni cosa dall'alba dei tempi, anche totalmente fuori contesto, la sua attitudine al volgare, la sua capacità di innervosirmi facendo muro, non fare mai squadra con me, alimentare costantemente, negando sempre, la competizione, le mie insicurezze e, fondamentalmente, sentirsi sempre in diritto di dirmi o fare qualunque cosa, senza mai scusarsi, perché, non facendo ingegneria, avevo torto.
(ovviamente scherzo, non è solo per ingegneria)
E poi io che quando sento qualcosa che non torna insisto, la mia gelosia in totale contraddizione al mio egocentrismo, il mio istinto all'abbocco, il peso che do ai gesti, il peso che do alle parole, il peso che do alle scelte e all'essere scelta.

Insomma, presi singolarmente magari siamo anche belle persone, io per lo meno sì.
Ma con lui ho insistito tanto, troppo forse e per cosa? Per vedere un gesto palese, per sentirmi davvero la più importante, certo la sua inacidita bestfriendforever sempre attaccata al culo e la sua ex complessata della quale lui si prendeva sempre così teneramente cura magari hanno influito un po' sul mio selfcontrol ma non per ciò di cui lui era convinto.
Queste due giovani a me non piacevano esteticamente, non mi sono mai sentita in competizione fisica o estetica, quello che non capivo era il suo atteggiamento protettivo, comprensivo, denso di stima e complicità con ragazze di cui non era innamorato, mentre ogni cosa con me è sempre stata una guerra.

Niente, complici gli addobbi di natale e quei terribili discorsi che gli amici comuni si lasciano scappare, mi era presa un po' di nostalgia per un amore che, bello come me lo ricordo, mi sa che l'ho solo immaginato.

Sbagliando si impara.
Ho imparato a fare il ragù, ho preso la mia strada, ho ripreso a fumare e, fondamentalmente ho imparato a farmi i cazzi miei, con tutto l'amore del mondo.
Ritenterò.
Il mio prossimo amore sarà più fortunato.


sabato 8 dicembre 2012

4 Tipi di persona dicono sempre la verità.

Ho un carattere complesso.
Ho reazioni potenti.
Mi entusiasmo con sincerità e mi sento delusa per cause di pari semplicità.
È tutto veramente semplice.
Ma ci vuole pazienza.

Ho diversi difetti.
Li detesto tutti, anche se in modo differenti.
Ci sono quei difetti che mi infastidiscono, come la pigrizia estrema.
E poi ci sono quei difetti che odio perché mi fanno sentire stupida, come la capacità di sentirmi sempre addosso questa nostalgia, questo motivo sempre verde per sentirmi in colpa, per tornare sui miei passi quando proprio non dovrei oppure che mi spinge riavvicinarmi perché se una persona a cui vuoi bene non è morta allora non è giusto che ti manchi perché qualcosa puoi sempre farlo.
Così mi dico che alla fine non mi servono le  scuse, posso farne a meno, anche se le meriterei c'è qualcosa che vale di più, e che magari certe cose che sono state dette non erano vere, erano più frutto di un mix mal dosato tra rabbia e tequila.
E qui precipito nella contraddizione, perché lo sanno tutti che al mondo ci sono solo quattro tipi di persone che dicono sempre il vero e sono:

I bambini

Gli arrabbiati

Gli ubriachi

E Piero Angela.

E se scrivessi a Piero mi risponderebbe "stai nel tuo".

Facciamo che baciarci sia come sentire Hendrix dal vivo.

Facciamo un gioco?
Facciamo finta che io non sia distrutto dalla vita, facciamo finta che le tue cicatrici siano disegni.
Facciamo finta che ci sia ancora tutto da scoprire e facciamo finta che sentiamo di poter essere felici.

Intanto stiamo qui.
Fuori dal mondo.
Fuori dal tempo.
In primavera, sotto un lenzuolo fuori del quale, già cadono le foglie.

Facciamo un gioco?
Facciamo finta che per me tu sia la più bella del mondo anche se ti senti brutta e facciamo finta che io sia il tuo eroe, anche se a volte perdo.
Facciamo finta che baciarci sia come poter sentire Jimi Hendrix dal vivo.
Hai freddo? Vieni più vicina.
Senti, facciamo un gioco?
Facciamo che facciamo per davvero?

venerdì 7 dicembre 2012

Parà

Mi vesto in fretta e a quel punto arrivi tu.
Mi guardi come sempre.
Mi metti una mano sul petto e mi dici "respira, sono qui, siamo qui, comunque vada" "insieme" tu dici, io penso.
Ho il nodo alla gola, l'adrenalina in circolo.
Ho paura e non vedo l'ora.

Il rumore delle eliche è sempre lo stesso. Sa sempre di ignoto.
Prende il volo.
Guadagna altezza.
Quel vuoto nello stomaco.
Guardo giù.
Rivedo la prima volta che l'ho fatto, la seconda, la millesima.
Poi te.
Mi stringi.
Saltiamo giù.



Insieme



Penso solo questo.
Che alla fine il salto nel vuoto lo fai solo con me.
Ogni volta.
Già.
Da sempre.
E non conta altro.
E non conta altra.
Contiamo tu ed io.
Tu.
Tu che con me, sei più vero che con qualunque dei tuoi errori.
Io.


Insieme.


Mi ami.
Ogni volta più di sempre.
Vero?
Vero.
Sei pronto?
Tre.
Lascio la mano.
Due.
Tiro la corda.
C'è un problema?
Non si apre?
Quello di riserva?
Nemmeno?
Uno.
Sei già lontano


Insieme.


Non stavolta.

mercoledì 5 dicembre 2012

Per Dio

Caro Dio,
qui continuano a dire che siete tre, io non ne sono molto convinta, Gesù è troppo fico per parlargli sinceramente di me e lo Spirito Santo non ho ancora capito bene cos'è e a dirla tutta, mi sentivo stupida a scrivere a Babbo Natale perché sicuramente in questo perioda ha da far ben altro che star dietro ai miei discorsi.
Volevo dirti intanto "Grazie".
Ecco, appunto, grazie.
Grazie per una serie di cose eh, tipo grazie per tutte le volte che mi prende male e poi mi accorgo che la bellezza della vita è un po' ovunque, grazie per le occasioni ricevute quando sapevo di non meritarle ed anche per quelle non date quando invece credevo mi fossero dovute perché mi hanno dato la misura delle cose, grazie per dare tanta pazienza alle persone che mi vogliono bene, grazie per quella volta che mia mamma mi regalò quel libro e non una barbie, anche se lì per lì non ero tanto contenta, ecco grazie per tutte le volte che mi lamento e poi mi rendo conto che è successa la cosa che serviva, e che se anche non è così, non cambia niente, grazie per le cose inaspettate che mi fanno riflettere, grazie per avermi fatta capitare in una famiglia tanto banale quanto assurda, grazie per le ricette della nonna, a tal proposito, grazie per non farmi ingrassare quanto dovrei, grazie. Un po' per tutto.
Mi conosci, faccio questi discorsi per due motivi, perché sono felice o perché sono triste.
Quindi non c'è bisogno che aggiunga molto altro, sai cosa, al solito, chiedo.
Anche se non ti chiamo spesso, mi ricordo di te.
E ti voglio bene, sì, anche quando non ci capiamo.
Buon Natale, nel senso commerciale.

Sì stavo per scrivere "addio".
Non ridere.

lunedì 3 dicembre 2012

La ragazza ed il pittore.

Allora, loro due sono in macchina.
Lui guida.
È pomeriggio, è quasi estate e c'è la luce di quel sole che comincia a scaldare la pelle.
Passano per una strada sterrata tra colline e boschi radi. Ogni tanto lui si volta e la guarda e la vede bella, lei è bella, certo, è bellissima ma anche triste.
Ci sono quelle persone che tu vedi belle di quella bellezza imperfetta, un po' languida, con quella vena di malinconia in fondo a gl'occhi, con quei silenzi presi e messi lì, mentre tutto il resto ride e così via...hai presente? Ecco lei è così e tiene la testa inclinata verso il finestrino, come per seguire meglio un pensiero ed è felice, sì felice e triste, come un ricordo.
"Guardi fuori?"  gli dice lui e sorride.
"Sì, hai visto, c'è un gatto sul ciglio della strada"
"Che dici?" risponde serio
Lei ride, gli tira un colpo su una spalla e gli dice che è un cretino, dopo un po' ride anche lui.
Ah già, lei recesnisce di libri, lui è un pittore ma da quando sta con lei fa anche lo scultore, perché lei è bella, bellissima e cieca.
E la loro è una storia d'amore piena di cose che si vedono, che si leggono ma anche che si sentono. Un amore fatto con le mani e un po' di parole, un amore al dettaglio.
C'è lei che il venerdì mattina in radio, parla di libri nuovi e vecchi, di situazioni scomode come marciapiedi sconosciuti e di quanto le tremi il cuore a passare le dita sulle pennellate spesse di tempera oleosa che lui lascia sulle tele.
C'è lui che da quando sta con lei vede più affondo, si accorge di equilibri piccoli e perfetti e cerca sempre, ancora più di prima.
Qui in questa scena si capisce poco magari, si vede solo che ridono, che si vogliono bene e che sotto il sole di metà maggio, un vecchio maggiolino, due valigie, tele e cavalletto sono una promessa, seppur esile, di felicità.
Vabbè poi la storia si svolge al casale ma quello che mi interessava è che tu che disegni, renda l'idea di un mondo
che non si vede.

domenica 2 dicembre 2012

La filosofia del Pigiama

Ci sono giorni, come oggi, nei quali nemmeno mi viene in mente l'idea di togliermi il pigiama.
Perché sono pigra da morire potrebbe essere un'ottima risposta, ma sotto sotto, sotto il pile, sotto il piumone, sotto il plaid più caldo e confortevole della mia personalità c'è dell'altro.
Se uscissi di casa in pigiama sarebbe tutto più semplice. Comincio a capire questa tipologia di senzatetto... se mi vedete per strada, di fronte ad un bidone fiammeggiante, coi guanti coi buchi per le dita e i pantaloni rosa della carica dei 101, non preoccupatevi, è solo la mia indagine sociopsicologica in corso.

Il pigiama è l'espressione più vera e trita di una persona.
Perché nudi è facile distrarsi, col pigiama che hai ancora addosso alle tre del pomeriggio di una domenica piovosa, quint'essenza della morte nel cuore, no.
Sei come sei, quindi sì probabilmente fai schifo.
Sono giorni un po' tristi e per non affondare il cucchiaio da minestra nella nutella, rifletto sulla superficialità, sulla banalità, sulla profonda pesantezza estetica dell'essere umano, da domani mi drogo.
Nel trionfo dell'ovvio, so che l'uomo della mia vita mi incontrerà in pigiama, coi capelli esplosi, senza trucco e con la mia tazza filosofica in mano. Senza filtri, senza camicette trasparenti, pantaloni aderentissimi o scarpe alte all'ultimo grido.
Ecco, mi incontrerà così.
E mi dirà:

"Donnadellamiavita, faccio finta di non aver visto niente, ripasso stasera alle otto."



sabato 1 dicembre 2012

After Party

Chiudo la porta, mi spoglio, mi strucco, infilo il pigiama, prendo il cane, il gatto, spengo la luce e dormo.
La mattina dopo mi alzo, faccio poca colazione perché ho bevuto un bicchiere di rosé di troppo, o forse due e poi chiamo l'amica che mi ha scritto l'immancabile messaggino di check.

"com'è andata la serata?"

Il che significa fondamentalmente se ho visto qualcuno che mi piaceva e cos'è successo.

"Allora!!! Dimmi tutto! T U T T O . " fa lei con un entusiasmo non consono all'ora presta.

"mah, insomma, bella la festa"

"e chi c'era? lui c'era?"

Ti è mai capitato che ti piacesse qualcuno, che ti piacesse tantissimo senza nemmeno conoscerlo troppo, come a quindici anni, che ti prendi infinite sbandate per chi ti ha appena detto solo un ciao? Ti è mai capitato che ti acceleri il battito cardiaco all'impazzata nel momento il cui lo senti parlare, o peggio, lo vedi? Ti è mai capitato di sentire il nodo alla gola e il morso allo stomaco se ti saluta  e di avere mille cose bellissime che vorresti raccontargli come del concerto strasuggestivo di Einaudi o dell'ultimo libro che ti è piaciuto o anche, più scioccamente, di quale telefilm in streaming ti stai drogando in questo periodo e non riuscire a spiccicare due parole in fila? Ti è mai capitato di evitare chi ti fa tremare le ginocchia perché non vuoi che veda che arrossisci? Ti è mai capitato di dimenticarti come si fanno cose normali come respirare, camminare, sorridere o parlare una lingua conosciuta solo perché siete nella stessa stanza? Ti è mai capitato di comportarti completamente nel modo opposto a quello che vorresti e tornare a casa e sentirti cretina? Ti è mai capitato di avere quindici anni quando non ce li hai più da un pezzo e non volerlo proprio ammettere?

"no... non c'era."